Quante volte percorrendo i tornanti dei passi alpini dalle estreme propaggini delle Alpi friulane agli alpeggi delle profonde valli del Piemonte, passando per Dolomiti, traversando la Valtellina, perdendosi nella maestà del Rosa, nei passi estremi con vista sul Bianco e sugli stambecchi del Parco del GranParadiso  abbiamo visto quelle costruzioni di pietra dal tetto in lastroni di pietra, basse, tozze e arrampicate là dove a volte osano solo le aquile: le malghe sono uno dei più antichi e per molti versi ancora intatti presidi dell’umanità; i tutori della biodiversità, i custodi delle tradizioni, il riparo dei viandanti sorpresi da un temporale, gli osservatori privilegiati della vita attiva della montagna in estate e i robusti contrafforti sommersi dalle nevi invernali che rifioriscono alla vita nella tarda primavera quando i pastori portano le vacche all’alpeggio.
Le malghe sono un territorio che permette di respirare il passato e spiegare il presente: le vacche al pascolo tornano la sera nel loro riparo dove mani sapienti oggi supportati dalla tecnologia, prelevano il latte e talvolta lo lavorano sul posto trasformandolo in ricotta saporita, burro giallo paglierino per la ricchezza del grasso di quel latte, formaggi dalle forme, sapori e profumi diversi , arrivati a noi direttamente dalla tradizione dei secoli ma fortunatamente oggi arricchiti dalle mille voglie di una vita semplice ma pur sempre in linea coi tempi dei giovani; quei giovani proiettati nel futuro ma che dopo anni vissuti affacciandosi su un panorama color cemento e asfalto, persi nelle città, dopo aver alzato la testa, stanno tornando anche ad animare quei pascoli che li aspettavano, immutati, dotati di infinita pazienza, mai smarrita fortunatamente.
La malga è oggi più di una attrazione turistica; spesso una scuola di formazione per i bambini, un esperienza da in corniciare per camminatori e amanti del trekking, ma anche per genitori assetati di semplicità e confronto vincente con la vita di tutti i giorni; là dove più facilmente che altrove è possibile riscoprire il piacere della semplicità del cibo, della notte immersa nel silenzio scandito dai campanacci delle vacche che quando è ancora buio tornano al pascolo. Un suono quello dei campanacci che non sveglia ma che culla mescolandosi all’odore di erba essiccata, di fieno, latte
ancora tiepido e di fresco mattino.
Come a Malga Caleda Nuova a oltre 1570 mt – pastori e casari, con possibilità di alloggio, nei pressi dello stretto, verdissimo Passo Duran nelle valli Agordine, incastrata tra la cime del Tamer e Moiazza nel Parco Nazionale delle Dolomiti bellunesi, all’ombra dell’imponente gruppo dolomitico del Civetta da un lato con le sue pareti verticali a nord est e il possente panettone del Pelmo dall’altro. A un tiro di schioppo da Alleghe e Forno di Zoldo con Agordo a chiudere a Sud.